sabato 20 aprile 2024

SISTEMA IMPRESA

11-04-2017

Dopo l'abolizione del Governo. Tazza: «I voucher servono»

Il governo abolisce i buoni per il lavoro accessorio, il presidente di Sistema Impresa Lombardia Berlino Tazza: «Strumento strategico per le imprese, sbagliato eliminarli»




Il governo abolisce i voucher, spaventato dal referendum promosso dalla Cgil, e le aziende protestano per l’eliminazione di uno strumento che ha contribuito a ridare ossigeno ai bilanci e all’occupazione. «La cancellazione di un istituto giuridico che ha garantito di raggiungere gli scopi per cui era stato promosso, a partire dalla maggiore flessibilità concessa alle piccole e medie imprese per far fronte ai picchi di attività, è un segnale di grave incoerenza - spiega il presidente di Sistema Impresa Berlino Tazza – ed è l’immagine plastica della schizofrenia che caratterizza la legislazione giuslavoristica del nostro Paese. I membri dell’esecutivo hanno dichiarato a lungo che l’abolizione dei buoni per il lavoro accessorio avrebbe determinato un vuoto normativo pericoloso. Poi c'è stato il dietrofront. Una contraddizione che lede pesantemente le imprese e i lavoratori».

 

 

Perchè è contrario all’abolizione dei voucher?

«E’ una decisione assurda. I voucher sono il frutto di un percorso virtuoso che risale alla legge Biagi del 2003, proseguito con la legge Fornero del 2012 ed il Jobs Act che ha portato da 5mila a 7mila euro il tetto massimo del compenso. Tutte misure che hanno dimostrato di poter aiutare le imprese obbligate a fronteggiare una crisi durissima. Ma all’improvviso, sotto il ricatto della Cgil, l’esecutivo vara il decreto che cancella i buoni per i lavori occasionali. Il mio giudizio non può che essere negativo. I nostri legislatori hanno liquidato, per motivi di mera convenienza politica, un istituto giuridico performante offrendo in cambio l'ennesimo regime di transizione, equivalente ad una situazione di incertezza che è la madre di tutte le forme di illegalità».

 

 

Perchè è così sicuro che i voucher siano uno strumento efficace per le piccole e medie imprese?

«I voucher hanno trovato ampia diffusione in settori cruciali per la tenuta del Pil nazionale e che saranno certamente messi in difficoltà da un traumatico cambio di indirizzo come è quello che ha attuato il governo. E’ innegabile che lo strumento abbia rafforzato settori quali la ristorazione, il commercio, i servizi, la manifattura e la stessa pubblica amministrazione. I dati ufficiali lo dichiarano apertamente. L’Inps, solo in riferimento al 2015, ha dichiarato che su quasi 88 milioni di voucher da 10 euro ben 23,4 milioni sono da ricondurre a 75.243 aziende dell’albergheria e della ristorazione interessando circa 580mila addetti. Ed è proprio dalla platea degli utilizzatori che si evince l’importanza dello strumento per gli ambiti produttivi di riferimento. Per il commercio gli addetti sono stati 165.682 addetti e per l’artigianato oltre 153mila. Le attività manifatturiere hanno erogato quasi 10,8 milioni di tagliandi. Il comparto dei servizi alle imprese e dell’informatica ne ha impiegati 6,7 milioni. Ma veniamo alle regioni che più hanno messo in luce un ricorso ai voucher: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna occupano le prime tre posizioni. Parliamo di alcuni dei territori più dinamici a livello europeo e mondiale».

 

 

Ma quale è il vantaggio più rilevante?
«I voucher hanno rappresentato una modalità agile e aggiornata per le nostre piccole e medie imprese, capace di scavalcare una burocrazia elefantiaca incrementando le opportunità di lavoro. Stiamo parlando di uno strumento che ha permesso di acquisire alle imprese una flessibilità in tempo reale per reagire davanti all’esigenza improvvisa di reclutare personale fornendo una pronta risposta alle urgenze di un mercato sempre più altalenante e soggetto ad una tempistica a strappi degli ordini, garantendo rapidità ed efficienza nei momenti in cui l’attività richiede un cambio di passo. L’imprenditore attraverso i voucher aveva l’opportunità non banale di saggiare la nuova forza lavoro individuando, soprattutto fra i giovani, i soggetti più motivati così da tenerne conto nel piano delle future assunzioni. La semplificazione dell’ingaggio ha rappresentato un abbattimento sensibile dei costi di transazione per i datori di lavoro e per il personale. Tutti questi vantaggi sono stati cancellati con un colpo di spugna. Ora avremo tutta una casistica di eventi che risultano scoperti dal punto di vista contrattualistico. Di alternative al momento non ce ne sono. Ed è su questa lacuna che deve agire il governo. E’ necessario che le imprese possano fare ricorso al contratto di lavoro intermittente, il ‘job on call’, fortemente limitato dopo che era stato incentivato l’uso dei voucher. E’ stato posto un freno incomprensibile allo sviluppo. L’epilogo è facilmente prevedibile: meno competitività per le aziende e meno posti di lavoro».

 

 

Eppure il governo non ne ha tenuto conto.

«Le statistiche smentiscono le tesi di chi demonizza i voucher. Se prendiamo in esame le categorie che più ne hanno usufruito possiamo vedere come il 23% sia costituito da disoccupati che in genere hanno un’età elevata, il 18% sono beneficiari di ammortizzatori sociali, il 14% da inoccupati, l’8% da pensionati e un altro 8% da lavoratori autonomi, parasubordinati, addetti agricoli. Ma se scendiamo ancora di più nel dettaglio ci accorgiamo che i buoni sono stati usati nei settori caratterizzati dall’occupazione femminile e da un’alta flessibilità. Se poi c'è stato un ricorso sempre più massiccio all'utilizzo ciò è dovuto anche alle politiche del governo che, sia con Renzi sia con Gentiloni, ha ridotto progressivamente gli effetti benefici del Jobs Act comprimendo gli incentivi per le assunzioni a tutele crescenti. Siamo passati da una decontribuzione del 100% ad una del 40% con la conseguenza che la trasformazione delle assunzioni a tempo determinato in assunzioni stabili è crollata del 91% in un anno. I voucher, invece, sul fronte dell’occupazione hanno dato un contributo positivo agevolando le imprese nell’offerta di opportunità. legittimo che prima erano precluse».

 

 

Che cosa accadrà ora?

«Le imprese faranno sempre più fatica e la grande maggioranza delle persone che hanno utilizzato i voucher sarà rigettata nel sommerso. A mio avviso siamo davanti ad un intervento che risponde ad una logica lontanissima dall’obiettivo di equiparare il più possibile offerta e domanda di lavoro. La Cgil ha promosso un referendum che ripropone demagogicamente l’idea del posto fisso. Ma chi ci rimette sono gli imprenditori e i lavoratori».

 

 

Il governo poteva imboccare un’altra strada?

«Lo stesso presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, che pure non è mai stato tenero nel giudicare l’impiego crescente dei voucher, aveva proposto la correzione e non la soppressione. Ma i nostri legislatori hanno manifestato una imperdonabile mancanza di connessione con le priorità del  mercato del lavoro e del mondo produttivo».

 

 

Quali sono le prospettive?

«La crescita stimata per il 2018 è inferiore rispetto a quella di quest’anno. C’è chi parla addirittura di un ritorno alla stagnazione. Il quantitative easing della Bce è entrato in una fase di contrazione. Il risultato non può che essere uno solo: ci sarà meno denaro in circolazione. A ciò si aggiunge la spada di Damocle dell’aumento dell’Iva che potrà essere evitata solo peggiorando il rapporto deficit-Pil. I consumi sono in calo dopo l’exploit del 2016 e lo saranno ulteriormente nel prossimo anno. I voucher avrebbero potuto avere un ruolo benefico da associare ad un processo di alleggerimento fiscale su famiglie e imprese. I nostri governanti hanno scelto diversamente deteriorando gli standard di vita e livellando al ribasso la competitività del nostro sistema produttivo».

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