sabato 27 aprile 2024

SISTEMA IMPRESA

20-05-2019

Qualità del lavoro e formazione permanente

di Cesare Damiano, già Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale




Il mercato del lavoro in Italia, oltre che per la quantità degli occupati, soffre per la qualità dell’occupazione. Perché non basta un aumento statistico degli occupati se ad esso non corrisponde un aumento delle ore lavorate. Se i primi aumentano e le seconde diminuiscono ciò significa che a calare è, appunto, il numero dei posti di lavoro di qualità. È quello che accade in Italia, dove si registra uno scivolamento progressivo verso il basso della qualità del lavoro: part time obbligato, tempo determinato e lavori precari in generale.

Per farci un’idea partiamo dal recente rapporto dell’Ocse “The future of work. Employment Outlook 2019” - che mette in relazione le prospettive dell’occupazione con l’avvento delle nuove tecnologie nella produzione - e, in particolare, dalla “Scheda Paese” dedicata all’Italia.

La considerazione di apertura dice che “anche se il numero di occupati probabilmente non diminuirà, la qualità del lavoro e le disuguaglianze tra lavoratori potrebbero peggiorare”. Dunque, la preoccupazione non deriva tanto da un timore per il calo dell’occupazione complessiva dovuta all’automazione, ma dalla difficoltà della transizione: “Vi sono preoccupazioni sulla qualità di alcuni dei nuovi posti di lavoro che sono creati e, senza un'azione immediata, le disparità del mercato del lavoro potrebbero aumentare, dato che alcuni lavoratori affrontano rischi maggiori di altri”.

 

Da queste osservazioni possiamo trarre qualche considerazione: la crescita della formazione permanente e della qualità del lavoro sono e dovranno essere direttamente proporzionali. Il punto dal quale il nostro Paese può ripartire dovrà passare dall’accrescimento delle opportunità di accesso all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita al fine di delineare una strategia fondata essenzialmente sull’investimento nella conoscenza, attraverso la costruzione di un sistema nazionale che assicuri parità di diritti e di opportunità a tutti i cittadini.

Per quanto riguarda l’occupazione connessa a una forma di protezione sociale sarebbe necessario perseguire la strada degli incentivi per le imprese che assumono i percettori di Reddito e le decontribuzioni per l’assunzione degli under 35, peraltro previste dal Decreto Dignità. Il Paese necessita di rafforzarsi sui fronti della politica economica, industriale e dell’occupazione.

 

Dal Rapporto Ocse, di cui abbiamo parlato in precedenza, si evince che: “Anche mentre vengono creati nuovi posti, c’è preoccupazione rispetto al peggioramento delle prospettive per il lavoro e delle condizioni dell’occupazione. Un lavoratore su sette è autonomo e uno su nove ha contratti temporanei. Molti lavorano part-time. I lavoratori temporanei e part-time hanno spesso difficoltà nell’accedere al trattamento di disoccupazione, assicurazione sanitaria e pensione. È necessario adattare le protezioni sociali alla realtà attuale. La tecnologia e l’automazione influenzano le abilità necessarie sul lavoro. Quasi la metà dei lavori saranno trasformati dall’automazione. Circa il 14% sono ad alto rischio di completa automazione e un altro 32% sarà probabilmente modificato radicalmente. Quali sono le sfide? Sei lavoratori su dieci non hanno competenze o esperienza minime in informatica. Le persone che hanno maggior necessità di formazione hanno possibilità minime di ottenerla. Dobbiamo agire adesso per il futuro del lavoro per tutti”.

Un quadro molto chiaro su cui si innesta il fatto che, per quel che riguarda il nostro Paese, “la quota di lavoro temporaneo è superiore alla media OCSE ed è cresciuta notevolmente nell'ultimo decennio. Inoltre, la quota di lavoratori sotto occupati è più che raddoppiata dal 2006, ed è ora la più alta tra i paesi Ocse [...]; molti di coloro che hanno contratti “atipici” (non a tempo indeterminato) spesso hanno protezioni solo parziali” cosa che vale anche per chi svolge un lavoro autonomo.

 

Prendiamo ancora un’osservazione dal rapporto: “la maggior parte dei sistemi di formazione continua per adulti non è ben equipaggiata per questa sfida. Il 40% degli adulti partecipa alla formazione in media in un dato anno nei paesi Ocse, ma chi ne ha più bisogno (i lavoratori a bassa qualifica e quelli con contratti atipici) riceve meno formazione e non sempre di buona qualità. [...] Il sistema italiano di formazione permanente non è attrezzato per le sfide future. Solo il 20,1% degli adulti in Italia ha partecipato a programmi di formazione professionale nell’anno precedente la rilevazione”.

Cosa funziona dunque nel nostro Paese? Qualche buona notizia viene dalla contrattazione collettiva. “Nel 2016, ad esempio - rileva il rapporto -, i sindacati del settore metalmeccanico in Italia hanno negoziato aumenti salariali inferiori alle attese in cambio di formazione per tutti i lavoratori, indipendentemente dall'azienda per cui lavorano”.

Dunque, è dal confronto tra le forze produttive che emergono soluzioni virtuose e, in questo senso, i Fondi interprofessionali per la formazione continua sono una realtà di grande valore.

Auspichiamo dunque che questi sforzi positivi vengano sostenuti dalla realizzazione di piani e politiche nazionali. Occorre ribadire che la formazione permanente rappresenta lo strumento più adatto per creare un contesto produttivo di competitività e innovazione. Al Governo chiediamo un confronto serio, continuo e fattivo con le parti sociali su questi argomenti che riguardano il nostro futuro.

 

Non occorre dimenticare infine che un lavoro di qualità è prima di tutto un lavoro sicuro. Un lavoro, cioè, dove non è a rischio la salute e la vita del lavoratore. Tale tema deve rimanere una priorità dell’agenda politica e occorre proseguire nell’impegno di ricreare una consapevolezza diffusa che parta dal presupposto che la sicurezza sul lavoro rappresenta non un costo ma un investimento, a partire dalle scuole. Anche su questo aspetto, anzi forse proprio su questo, più che per altri, la formazione, sia continua che permanente, assume un ruolo strategico imprescindibile, soprattutto come tutela e presidio per i lavoratori più vulnerabili: giovani, donne e migranti. Ciò emerge anche dal Rapporto sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro pubblicato il 15 aprile scorso dall’OIL Safety and Healt at the heart of the future of work. Building on 100 years of experience, nel quale si analizzano in particolar modo le sfide legate alle profonde e repentine trasformazioni intervenute nel mondo del lavoro che riguardano la digitalizzazione, ma anche i cambiamenti demografici e una nuova organizzazione del lavoro.

 

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